E così Fareed Zakaria, sospeso per plagio da CNN e TIME, tornerà al lavoro tra la fine di agosto e i primi di settembre: le due testate hanno
condotto un’inchiesta interna accertando che la copia integrale di dieci righe
da un articolo del New Yorker era “un fatto isolato”. Dopo l’ammissione di
colpa e le scuse della star del giornalismo americano -e dopo la giusta
sanzione applicata dalle testate per cui lavora- si può riguadagnare la fiducia
di lettori e spettatori.
Un capolavoro di trasparenza: un comportamento che non potrebbe essere
più distante da quello che sta mantenendo Repubblica relativamente al caso di
Giampaolo Visetti, corrispondente da Pechino.
Nel post precedente, qui, trovate un resoconto dei plagi di Visetti e
anche i link ad alcune pagine che testimoniano i falsi di cui si è macchiato nelle corrispondenze durante il terremoto in Giappone nel 2011.
Ma il lavoro del corrispondente di Repubblica a Pechino non è
caratterizzato solo dai due furti documentati sopra e dai bidoni fabbricati ad arte dopo la tragedia di Fukushima, vicende già da sole sufficienti a garantire
a Visetti qualcosa di ben più incisivo della “cura Zakaria”.
Di seguito proverò a raccontare altre imprecisioni, inesattezze ed
esagerazioni.
Si tratta di un esercizio di fiducia, perché –a differenza degli
articoli rubati, come documentato sopra- non ho prove concrete per dimostrare
quello che scrivo: solo la mia memoria, un po’ di buonsenso e alcuni articoli
apparsi sulla stampa estera.
Deciderà il lettore se fidarsi di me o di Giampaolo Visetti. Dopo
questa rassegna, porrò nuove domande alla direzione di Repubblica.
La grande truffa delle sedie
vuote
Alla fine del 2010, mentre a Oslo si sta per celebrare la cerimonia
della consegna del Premio Nobel per la Pace, i comunicati governativi e la
stampa ufficiale di Pechino sparano cannonate contro la Norvegia:
l’onorificenza va a Liu Xiaobo, dissidente cinese, condannato a 14 anni di
carcere con l’accusa di “incitazione alla sovversione dello Stato”. Per il
governo cinese Liu è un criminale, al quale non verrà concesso alcun permesso
per ritirare il premio.
Ecco il link al pezzo di Visetti del 12 dicembre 2010. L’articolo è
incentrato sulla “rivolta delle sedie vuote”, una manifestazione di protesta
che i cinesi avrebbero inscenato per solidarietà a Liu. Eccone un brano:
“Centinaia di sedie vuote, vecchie, rotte e
davvero quasi tutte unte come quelle che si offrono in cella, sono apparse da
ieri notte fuori dalle case, allineate lungo le strade come un esercito
silenzioso e disarmato. Dopo qualche ora di stupore anche la polizia ha
compreso di sfilare davanti alle sedie vuote di un dissenso cinese che credeva
defunto, costretto a nascondersi come un sorcio zoppo, o chiuso in gabbia. Lńesposizione prodigiosa era ispirata dalla sedia vuota che venerdì ha ritirato
il Nobel inconsegnabile di Oslo”.
Visetti
prosegue raccontando come a Pechino, Shanghai, Hong Kong, Guangzhou e Shenzhen,
la polizia avrebbe proceduto ad “arrestare le sedie vuote”.
Peccato che
nulla di tutto ciò sia MAI accaduto.
Visetti ha
trasformato una protesta virtuale – le immagini di sedie vuote postate sui
microblog cinesi da qualche centinaio di simpatizzanti di Liu- in una protesta
di massa, con i cittadini che espongono fisicamente le sedie vuote fuori dalle
loro case, scatenando una reazione ridicola e paranoica da parte delle forze
dell’ordine.
Il cinese medio
non ha idea di chi sia Liu Xiaobo: la censura ha colpito la sua figura in
maniera così precisa e capillare da renderlo una non-persona, e se provate a
dire a un cinese di media istruzione che nel 2010 la Cina ha vinto un premio
Nobel, questi si mostrerà lieto, non sapendo che l’onorificenza è stata un vero
e proprio schiaffo in faccia al governo.
Uno schiaffo
forte, come quello che riceve la credibilità di Repubblica dopo la
pubblicazione di questo articolo.
Lo strano caso del Dr Udagawa e Mr. Bo
Nella primavera
di quest’anno Pechino trema sotto i colpi dello scandalo Bo Xilai, un intrigo
iniziato alla fine di febbraio con la fuga di un superpoliziotto all’interno di
un consolato americano, e culminata nell’accusa di omicidio a carico di Gu
Kailai, moglie dell’ex stella nascente del Partito comunista cinese Bo Xilai.
Tra i numerosi
articoli dedicati all’argomento, Visetti scrive questo.
Tralascio il
fatto che Visetti attribuisca a Bo la carica di ex sindaco di Chongqing, quando
in realtà si tratta dell’ex segretario del Partito, carica differente e molto
più importante: mica si può chiedere la precisione su questi particolari,vero?
In questo
articolo Visetti si ricorda di citare la fonte: si tratta di Keisuke Udagawa,
commentatore politico giapponese, che avrebbe incontrato Bo in un ristorante di
Pechino, e al quale l’uomo politico –già sospeso da tutte le cariche che
occupava “per gravi irregolarità disciplinari- affida una confessione politica,
sostenendo di essere stato incastrato per le sue campagne anticrimine e di
nutrire il rimpianto di non aver divorziato dalla moglie, utilizzata dai suoi
avversari per rovinarlo.
Dato che Bo è
scomparso dalla circolazione da mesi si tratta di un vero scoop, pubblicato
solamente dal quotidiano nipponico Yukan Fuji, e non citare la fonte sarebbe
sconveniente, anche per chi lo fa abitualmente.
Ma Giampaolo
Visetti è l’unico che riprende la notizia senza dubitarne neanche un pochino:
in altre parole, il corrispondente a Pechino di uno dei più importanti
quotidiani italiani, che racconta la Cina pubblicando libri per la casa
editrice Feltrinelli, crede fermamente che le autorità cinesi abbiano
consentito a un alto funzionario sospeso e sottoposto agli arresti, protagonista
del più clamoroso scandalo politico degli ultimi venti anni, di incontrare un
giornalista giapponese –potenza tradizionalmente amica della Cina, com’è noto-
permettendogli anche di lavare in pubblico i panni sporchi del regime, in
cambio di imprecisati scambi di informazioni tra servizi segreti non meglio
identificati.
Vorrei
ricordare che la Cina è lo stesso Paese nel quale non è mai stata fatta
chiarezza sull’affaire Lin Biao, l’ex avversario politico di Mao, che forse –o
forse no- è morto in un misterioso incidente aereo. E questa è una vicenda
avvenuta nel 1971, oltre quarant’anni fa.
Lo scoop del
quotidiano giapponese viene messo in dubbio da media autorevoli come Telegraph
e Foreign Policy, ma per Repubblica va tutto bene: i leader sottoposti a
purghe, in Cina, li incontri tranquillamente al bar. E tra un bicchiere e
l’altro ti parlano della loro vita privata.
Un ultimo inciso:
nello stesso articolo, Visetti sostiene che Zhou Yongkang, a capo degli
apparati di sicurezza, sia stato “destituito silenziosamente” per la vicinanza
a Bo Xilai. Un’altra lieve imprecisione, visto che Zhou occupa ancora
ufficialmente il suo ruolo e nessuno –tranne forse non più di 200 funzionari in
tutta la Cina- sia in grado di stimare con certezza il suo attuale peso
politico.
Ma le potenti
fonti di Repubblica, lo abbiamo visto, arrivano dove nessun altro oserebbe
spingersi.
Repubblica: ora
di chiedere scusa?
Potrei riferire
di altre gigantesche esagerazioni di Visetti, novello Barone di Munchausen in
Oriente, ma questo post è già troppo lungo. Ne scriverò uno successivo, magari
a partire dall’”Uomo con la tuta nera e la borraccia rossa”, un poliziotto che
secondo Visetti lo avrebbe seguito per settimane, e che a Pechino è diventato
una specie di barzelletta nel giro dei corrispondenti, anche stranieri.
Adesso voglio
rivolgere altre domande alla direzione di Repubblica: queste pagine, in poco più
di una settimana, hanno ricevuto oltre 1000 visite, e su Twitter in molti hanno
esplicitamente chiesto a Ezio Mauro e a Repubblica di rispondere dei plagi e
delle balle pubblicate dal corrispondente a Pechino.
Ma Ezio Mauro
tace, come se la vicenda non minasse gravemente la credibilità di un importante
quotidiano: evidentemente dalle parti di Largo Fochetti sono in preda a una
grave forma di “Sindrome di Fonzie”, il morbo che ti fa emettere solo borbotti
incomprensibili nel momento in cui dovresti semplicemente dire “ho sbagliato”.
Ribadisco:
Zakaria, stella del giornalismo americano, sospeso per un mese per un plagio di
10 righe. Visetti, tranquillamente al lavoro dopo il furto di almeno due
articoli e una quantità imprecisata di inesattezze e storie esagerate ad arte.
Repubblica sta
facendo una pessima figura: nel cortile dei media italiani, somiglia sempre di
più al ragazzino grosso e viziato che ti ruba il pallone, sicuro di farla
franca perché viene da una famiglia importante. Ma i bulli di Largo Fochetti
non si accontentano del furto: appena girato l’angolo si ripuliscono della
polvere della baruffa e continuano ad apparire pensosi, riflessivi,
inattaccabili nella loro pretesa superiorità morale e deontologica.
Ecco allora
l’invito a chi leggerà queste righe: fate sentire la vostra voce.
Fate
circolare queste pagine.
Chiedete ad Ezio Mauro e a Repubblica di esprimersi
sulle gravi scorrettezze commesse dal suo giornalista.
Se siete lettori di
Repubblica, allora probabilmente avete a cuore una certa idea di giornalismo, e
avete quindi il diritto di acquistare un giornale onesto, che non si renda complice di questi furti e che non protegga i suoi errori con l'omertà.
Repubblica vi
deve una risposta.
Repubblica vede solo se stessa....
RispondiEliminaE' la portatrice del pensiero unico, e se non si e' con lei, evidentemente si e' contro, non sono ammesse linee diverse....E pensare che l'ho letta e considerata affidabile e professionale per anni, quanta ingenuita'...